Io e Annie

Tra i numerosissimi film di Woody Allen questo spicca come uno dei grandi capolavori della prima metà di carriera.
Alvy vive a New York, è un colto attore ebreo con la convinzione semipatologica che l'antisemitismo non sia un ricordo del passato e uno sviscerato amore per la sua città. Nel mezzo dei suoi tormenti filosofico-politici irrompe la bella Annie (Diane Keaton), cantante non eccezionale di famiglia upper-class.
Alvy ci racconta in un lungo flashback la storia altalenante di questo amore, che sappiamo già concludersi con una divisione -del resto, Woody Allen è un genio, ma chi mai potrebbe sopportare una vita con lui? e si sa che i suoi personaggi sono somiglianti figure dell'originale! -tra digressioni psicanalitiche e battute fulminanti (sono vent'anni che vado dallo psicanalista: gliene dò ancora uno, poi vado a Lourdes; "guarda, usa un sapone nero! Forse questo mi dice qualcosa... Chi usa un sapone nero per lavarsi la faccia??).
La morale di questa storia, come direbbero i nostri nonni, è che anche quando si dimostrano fallimentari, le relazioni umane sono il sale della vita e del mondo, senza le quali nessuna crescita personale sarebbe mai possibile. Come in Manhattan, Allen non condanna l'uomo moderno alla sfiducia e alla desolazione, ma lo invita ad accogliere con spirito aperto le sfide di un nuovo giorno, anche portandosi dietro tutte le nevrosi a cui siamo troppo affezionati per rinunciare.

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