In bruges


Opera prima di McDonagh, questo film sfugge alle definizioni di genere (commedia? drammatico? thriller?) e si distingue per il ritmo e lo spessore teatrali.
Ray è un killer alle prime armi che ha commesso l'imperdonabile errore di uccidere un bambino durante un "lavoro"; il suo mentore Ken lo trascina a Bruges per ordine del principale di entrambi, Harry. Dopo qualche giorno di turismo forzato nella bomboniera medievale del Belgio, Ken scopre che il suo compito è di uccidere Ray, ma decide di salvarlo proprio quando lo vede in procinto di suicidarsi, prostrato dal senso di colpa per l'orrendo misfatto. Harry in persona giunge per rettificare gli errori dei due sottoposti, in un crescendo di tensione ma anche di battute esilaranti e scene surreali.
La catarsi generale attende tutti, come in un quadro di Bruegel, pieno di peccatori avvitati alle loro meschine faccende, timorosi di essere colti in fallo dal vicino ma soprattutto paurosi di una Divinità distante e poco consolatrice. Tutta la poetica fiamminga e pre-umanista vive nei mattoni sbiaditi e nei canali della città-gioiello, pronta a inchiodare la coscienza dell'assassino (tutti gli assassini, tutti i colpevoli, di qualunque crimine mai perpetrato) con una condanna senza appello.
Un plauso anche ai tre protagonisti, di cui si fatica a scegliere il più bravo: Farrel, Fiennes (Ralph) e Gleeson.

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