la fiera delle vanità


Becky e Amelia sono due ragazze opposte per temperamento e caratteristiche fisiche, ma cresciute insieme in una scuola per signorine. All'ingresso nel mondo reale la prima si prodiga per ottenere un matrimonio vantaggioso (Joseph), tenta una fuga amorosa a scopo di lucro (Rawdon), seduce uomini cui promette favori di vario tipo senza poi renderli (Lord Steyne), spiumandoli nel frattempo dei loro averi; l'altra, al contrario, accecata dall'amore sposa il capitano George Osborne, che non la stima e che la rende presto vedova, senza accorgersi del caro amico Dobbin che la ama segretamente.

Questa divertente parodia si dispiega per oltre mille pagine per descrivere una società in cui si vuol far credere che la virtù trionfi sul vizio, nonostante le privazioni e le ristrettezze cui vanno incontro molti dei suoi paladini. In realtà Becky, al contrario di Amelia, si accattiva fin dal primo capitolo la nostra simpatia e il suo carattere maneggione e sfrontato, privo di scrupoli e di preconcetti, avrà la meglio anche sulla rovina sociale che la attende. Una come lei se la caverà sempre, perché recita il vecchio adagio che le ragazze buone vanno in paradiso, e quelle cattive vanno dappertutto.


Dal romanzo è stato tratto un film che procede un po' per salti logici, per l'indubbia difficoltà di restringere in 140 minuti il capolavoro di Thackeray; una piacevole fotografia e la buona interpretazione della Whiterspoon, bruttina ma capace, ne sostengono le fondamenta. Il regista mostra chiaramente le sue preferenze per la protagonista, rendendola più buona verso l'amica, ma mi sarebbe piaciuto vederla un po' più rancorosa verso la sorella della sua originale preda. Robert Pattinson, ,ingaggiato per interpretare il figlio di Becky, deve aver offerto una performance così intensa che i pochi minuti in cui compariva sono stati tagliati in post produzione...

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