Harry Potter e i doni della morte - parte I


Finalmente David Yates ha deciso di leggere il libro da cui trarre il film in questione, e dopo un sesto capitolo avvilente si riscatta con un prodotto decoroso.

Harry, Hermione e Ron non possono fare ritorno a Hogwarts, ormai caduta tra le grinfie dei Mangiamorte, e partono alla ricerca degli Horcrux, i frammenti di anima che Voldemort ha divelto da sé perpetrando efferati crimini. Lungo la via scoprono l'esistenza di tre ogetti che rendono il loro possessore "Signore della Morte": sono i doni che la morte fece a tre viandanti per ricompensarli della loro abilità nell'aggirarla.

Oltre al sentimento di inadeguatezza con cui deve fare i conti fin dal suo ingresso fragoroso nel mondo magico, Harry comincia a misurarsi con la tentazione di abbandonare, a favore di un guadagno personale, il percorso semiobbligato che è stato già tracciato per lui da Dumbledore.

Ron trova la sua prova nel superamento del complesso di inferiorità che da sempre lo inceppa, mentre Hermione fatica ancora a liberarsi di una certa ristrettezza mentale che non le permette intuizioni sorprendenti.

Già nei precedenti capitoli avevamo osservato un progressivo scurirsi delle ambientazioni, che ormai rasentano il nero-pece: a volte si indovina una scena piuttosto che vederla e anche se la scelta stilistica è interessante, a volte è troppo radicale: il cinema è da vedere, prima di tutto. Nessuna novità sul fronte colonna sonora, un po' piatta; poco sfruttati i caratteristi secondari, a partire da H. Bonham Carter.

Molto bella la sequenza del racconto dei fratelli Peverell al loro incontro con la Falce: i disegni sono suggestivi e la narrazione è limpida e funzionale, scritta direttamente da JK Rowlings.

Il più grosso limite della pellicola sta nella trama convoluta e frammentaria, non facilmente comprensibile a chi non ha letto il libro. Del resto Yates fa quello che può...

Alla prossima, e ultima, puntata, sperando di vedere finalmente sviluppato il personaggio di Ginny.

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