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Visualizzazione dei post da agosto, 2012

Quel che resta del giorno

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Dopo anni e anni di instancabile servizio presso un Lord simpatizzante per la causa tedesca, Stevens approfitta della sua prima settimana di vacanza per ripensare al tempo trascorso e ai temi che hanno caratterizzato la sua vita. Cosa significa essere un grande maggiordomo? Come si raggiunge la dignità che lo qualifica? È stato, lui, capace di ottenerla? È stato giusto il modo in cui ha vissuto? Che cosa gli resta davanti? Il libro, asciutto nello stile oltre ogni dire, ci mostra questi pensieri direttamente dal punto di vista del protagonista. È questo un angolo estremamente particolare, perché chi legge percepisce le distorsioni della sua rigida educazione e dell’ascetico ideale di servizio molto prima dell’io narrante. Inoltre non ci si libera mai del sospetto che, nella sua rinuncia attiva ad una vita piena, Stevens rifiuti di comprendere fino in fondo il vuoto che ha riverito e osannato. Cercherà di convincersi fino all’ultimo respiro che il suo amato Lord Darlington fosse s

Pane amore e fantasia

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Il Maresciallo Carotenuto è appena stato comandato nel ridente paesetto di Sagliena, un villaggio poverissimo perso nell’Italia del Centro-Sud. Sentendosi isolato dalla vita mondana e culturale a cui era abituato, vorrebbe trovare conforto nella levatrice del luogo, riservata signora in misterioso auto esilio, ma le malelingue tendono a separarli. Si interessa perciò per ripiego alla Bersagliera, la ragazza più povera –ma anche la più bella e la più combattiva- del già misero paese, innamorata ricambiata di uno dei Carabinieri al suo servizio. Al Maresciallo, un po’ tardo ma in fondo una buona pasta d’uomo, compresa la storia d’amore, non resta che cercare di vincere la timidezza del sottoposto per inviarlo a fare con successo la sua proposta di matrimonio, e guadagnarsi il cuore della levatrice, più adatta a lui per età e inclinazioni spirituali. Questa commedia paesana del dopoguerra coniuga una notevole dose di verismo addolcito dall’ironia dei personaggi e dal lieto fine del

Le premier jour du reste de ta vie

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I Duval sono una famiglia francese composta da mamma-papà-due figli-una figlia; si aggiunga loro il nonno paterno, vedovo, che vive separato dal resto del parentado. Non sono particolarmente infelici, ma il loro essere profondamente calati nella realtà impedisce una perfetta (piatta, direbbe Tolstoi) felicità.  Li conosciamo in cinque giornate, distribuite tra gli anni Ottanta e i Novanta, ognuna punto di svolta per uno dei cinque membri del nucleo: Albert, il figlio maggiore che fa medicina, va a vivere da solo, tra la disperazione della madre adorante e le già visibili incomprensioni col padre (reduce dallo stesso tipo di rapporto conflittuale col genitore); Fleur, la minore, a sedici anni -ricorrenza che nessuno osserva- decide di perdere la verginità con un ridicolo bulletto che lei per prima disprezza; il figlio di mezzo, Raphael scopre l'amore romantico, l'air guitar e il vino, stabilendo col nonno il rapporto meno travagliato; la mamma Marie-Jeanne si rende conto di

Espiazione

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Il libro: Nella dimora di una ricca famiglia inglese ci si prepara al ritorno del figlio maggiore, in affari a Londra. Lo aspettano la madre, emicranica sicura di poter cogliere l'attività del parentado e capirne i caratteri dall'ombra della sua camera, la sorella Cecilia, ventiduenne annoiata e ancora irrisolta, Briony, sorellina minore provvista di immaginazione iperproduttiva, fin troppa introspezione e talento per la scrittura. Alla famiglia si sono di recente aggregati tre cugini, due gemelli più piccoli e la bella Lola, precoce ninfa di quindici anni in tutto simile alla madre (appena scappata a Parigi con l'amante). A completare il quadro, Robbie, il figlio della governante appena tornato dal College con Cecilia, legato a lei da sentimenti ormai troppo esuberanti per poterli nascondere a lungo. Proprio quando Robbie e Cecilia si dichiarano, l'intelligenza esaltata di Briony le fa male interpretare i gravi fatti di una serata estiva, condannando i due amanti alla

Men In Black - I e II

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Il giovane Will Smith è un bravo poliziotto, non ha famiglia che si preoccupi di lui ma mostra una notevole apertura mentale: il candidato ideale per entrare nel MIB, la sezione speciale di “ unspeakable ” –come verrebbero chiamati in Harry Potter- che si occupa di interrelazioni con gli altri mondi e i loro abitanti immigrati da noi. I Men In Black rinunciano alla loro identità nel tessuto della società ordinaria per vegliare su di lei con occhi spalancati e devono rendersi invisibile quanto possono: così Tommy Lee Jones, alias K, educa il neofita J (Junior) nel corso di una caccia alla blatta galattica –che fa schifo proprio come quelle autoctone, sia detto per inciso- e lo presenta involontariamente alla sua nuova compagna. Pieno di umorismo, di invenzioni visive e di battute fulminanti, MIB è una parodia molto più che un film di fantascienza, che resterà nella storia del cinema, seppur di genere minore. Nonostante l’assenza di significati ulteriori –salvo la chiusa, ironica

Trilogia di New York

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In effetti questo post si dovrebbe intitolare "Bilogia di New York", dal momento che ne ho letto solo le prime due parti, Città di Vetro e Fantasmi . Come mai? Perchè è una delle produzioni più ampollose, ostentate, contorte e incositenti che abbia mai letto. Nel primo racconto il protagonista (Quinn) è uno scrittore con una storia simile a quella di Jane in The Mentalist , ma, al contrario di Simon Baker, è il grado zero del fascino. Per errore viene contattato da un folle che cerca l'agenzia investigativa Paul Auster e che lo incarica di proteggerlo dalla ancor più dispiegata follia paterna. Detto genitore rinchiuse infatti per anni il figlio, privandolo di ogni contatto umano, perché risorgesse in lui il linguaggio originale dell'umanità, che abbiamo perso quando irritammo Dio costruendo la torre di Babele. Cercando di comprendere questo nucleo familiare quantomai particolare, Quinn viene in contatto con Paul Auster, anch'egli scrittore, che vive felice c