Io non sono qui

Di T. Haynes, con C.Blanchett, C.Bale, R.Gere, C.Gainsbourg, J.Moore, H.Ledger, M.Williams. 2007

Sei episodi si intersecano, sono tutte le sfaccettature del "personaggio" Bob Dylan, dal bambino nero Woody che racconta l'infanzia artificiosamente misteriosa e l'ispirazione folk dei primi periodi, a Billy The Kid, a Jude Quinn, alter ego di Dylan al momento di suo massimo splendore rock, ma anche nel peggio della contestazione dei vecchi fan.

Stare dietro alla narrazione è complesso se non impossibile, soprattutto se -come me- non si ha che una conoscenza a dir poco sommaria della vita e delle opere del cantautore controverso, oggi ritenuto tra i più grandi poeti americani (e non solo) recenti.
Un'introduzione che spieghi cosa si sta vedendo è utile, se non necessaria. Nonostante la difficile comprensione, la poesia surreale di cui ogni sequenza è permeata rende il film estremamente interessante, come una curiosa foto d'epoca. La fotografia a tratti sbiadita, l'uso incostante del bianco e nero, la sceneggiatura spezzettata e lo stile registico alterno e pop contribuiscono al fascino della visione.


I due punti di maggiore forza dell'insieme sono i più ovvi. 
Intanto il cast, stellare. Palma della migliore interpretazione va, a mio parere, alla Blanchett, che interpreta con maestria camaleontica la fase più maledetta e inquieta dell'artista, perfetta in quel suo inflessibile essere ossuta, tutta zigomi sporgenti e cosce secche, ricci e labbra sottili, sigaretta in mano e terrore di esporre i propri sentimenti più intimi al pasto delle belve mediatiche dei Sixties.
Il secondo è, ovviamente, la strepitosa colonna sonora. Una di quelle colonne che se la caverebbero anche se sullo schermo ci fosse solo una linea gialla luminosa, come in Fantasia. Valeva la pena vedere il film anche solo per sentirne le canzoni, a volte proposte nella forma originale, in altri casi cantate dagli attori. Stupende. 

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