Ayako


Alla fine della seconda guerra mondiale il giappone si ritrova con una serie infinita di cocci rotti: gli americani invasori si sono installati nelle stanze dei bottoni dell’Impero vinto, anche grazie a una fitta rete di spie, frange di sinistra si organizzano in partiti estremisti ben costituiti, i vecchi latifondisti si vedono espropriare le terre e le antiche convenzioni familiari decadono lasciando come eredità solo la loro parte deteriore.
Jiro Tenge è scampato agli orrori dei campi di lavoro proprio diventando una spia per gli americani. Quando fa ritorno a casa ritrova una famiglia assolutamente anacronistica il cui padre (pronto scopritore del motivo della salvezza del figlio) ha promesso al primogenito le redini della famiglia in cambio dei favori della nuora Sue. Da questa riprovevole relazione nasce Ayako, l’innocente figlia del peccato, beniamina dei giovani della famiglia e del vegliardo, finché non diviene scomoda testimone di uno dei crimini di Jiro. Per proteggere il buon nome del casato Ayako viene rinchiusa in una sorta di cantina per ventitré anni, conoscendo solo la pietà di sua madre, costretta a fingersi sua sorella, e l’amore (poi incestuoso) del fratellastro Shiro, di poco più grande di lei e forse il solo dei Tenge a volerle davvero bene.

Tezuka è un mangaka molto particolare, e Ayako è la prima sua opera che leggo per intero. Stilisticamente è al crocevia tra la ligne claire franco-belga e il tipo di movimento e proporzioni che si vedevano nei disegni Disney degli anni Quaranta-Cinquanta, ma completa questa strana combinazione con elementi che riportano chiaramente ad una ambientazione molto giapponese, dalle fisionomie agli abiti più o meno tradizionali. Per l’uso del bianco e nero senza retinatura e i temi trattati fa pensare anche alle prime graphic novel, che peraltro precede di diversi anni.
Quanto appunto alla poetica, il maestro non si fa scrupolo di raccontarci vicende veramente scure e diturbanti, raccontando stralci bui di storia del Giappone appena mascherati dalla modifica di qualche nome, attaccando senza mezzi termini l’arroganza del vincitore (mi ha fatto pensare un po’ agli “alleati” ne La Ciociara…) ma senza dimenticare l’ipocrisia, l’immobilismo e la corruzione della classe politica autoctona, che si mischia spesso e volentieri con la Yakuza in piena riorganizzazione per gli anni del boom. E che dire degli strali terribili alla volta della piccola nobiltà di paese, dipinta come una manica di rozzi post-feudatari avidi, ignoranti, tirannici e abietti, pronti a tutto per mantenere i loro piccoli primati e anche le minime comodità, da un campicello in più fino al sostanziale diritto di approfittare delle mogli/sorelle/figlie dei mezzadri?
Ayako è un lungo incubo a disegni, di indubbio valore, da leggere a piccole dosi per sopportare tutto l’orrore che porta con sé. La sua protagonista, prodotto ultimo della corruzione dei tempi e dei mores, sembra incapace di vivere in armonia con la natura e con gli altri umani e, privata della sua innocenza, non si sa che fine possa fare.

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