Polisse

Di e con Maiwenn, J.Starr, K.Viard. 2011

Storie di ordinaria barbarie dalla Brigata Protezione Minori di Parigi, quartieri nord. Una fotografa viene affiancata ai poliziotti per documentare il loro lavoro.

La regista, ancora piuttosto giovane, ha abbordato un soggetto ostico a dir poco. Su una sceneggiatura sua, affronta un anno circa di delirio, con l'occhio della fotografa inviata dalle alte sfere. Dapprima lo sguardo è più oggettivo e distaccato, poi l'attenzione si fa sempre più viscerale. Il percorso personale della reporter ricalca quello vero di Maiwenn, che ci racconta fatti realmente accaduti.
Non solo premio della giuria a Cannes, assegnato da DeNiro,
ma anche pioggia di Césars 
La più grande forza del film è proprio il taglio quasi-documentaristico del lavoro della BPM, con i drammi, i successi, lo scoramento, lo schifo, il senso di inutilità e di inadeguatezza che devono esserle propri. Parallelamente scorrono le vite private degli agenti, provate e logorate dalla sovraesposizione alle peggiori miserie umane, un po' come succedeva ai celerini di A.C.A.B. Non ce n'è uno che sia normofunzionante, anche se questi non sono violenti, quanto piuttosto corrosi da un veleno più sottile, da una nausea più profonda ancora.
Benché l'approccio sia stato giudicato da qualche critico un po' superficiale, io ho apprezzato la (relativa) levità dell'autrice e ho gradito che si evitassero scene troppo crude o esplicite, e non trovo il risultato in alcun modo grossolano. Alcune scene mi hanno colpito e commosso.
Mi è dispiaciuta invece la scelta stilistica post-nouvelle vague che sembra una lontana nipote del Dogma95. Niente trucco, luci scialbe e l'onnipresente, odiatissima, orripilante camera a mano continua. Non capisco se questo taglio radicale sia legato al tentativo di non apparentarsi a prodotti tipo fiction-tv, ma avrei optato per una veste più asettica, alla Truffaut.
Sarebbe stata un'ottima idea, a questo fine, tagliare il personaggio invero inutile della fotografa, che con le sue storie d'amore pasticciate c'entra davvero poco col lavoro necessario e disgustoso di uomini e donne poco comuni, che ogni mattina si alzano chiedendosi solo che cosa ancora dovranno mai ascoltare, di cosa mai potranno ancora essere testimoni, e -ciononostante, per qualche oscura ragione- ancora si alzano... finché ce la fanno.

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