L'Imperatrice Caterina (The scarlett empress)

Di J von Sternberg, con M.Dietrich, L.Dresser. 1934

Sofia Federica era una bambina bella, buona e anche un po' ingenua cresciuta in Germania per divenire la sposa di un re. Mai avrebbe pensato di divenire Piccola Madre di tutti i Russi, e ancora prima, d'impalmare un folle inetto, unico a non riconoscere le sue doti di avvenenza ed intelligenza. Poco importa, perché la ragazza, di acume non comune, tento' dapprima di adattarsi alle stranezze della corte degli Tsar, e quando ne ebbe l'occasione prese il potere con un colpo di stato ben riuscito, grazie al doppio appoggio chiesa-esercito (soprattutto esercito!).

Caterina di Russia occupa un posto di rilievo nel mio cuore sin dagli anni del liceo. Una donna incredibile, piena di risorse, di enormi velleità e di fascino straripante, capace di imprimere la sua impronta nella storia, nel bene e nel male, come pochissimi alti: Cesare, Elisabetta I, Napoleone... stiamo parlando di questo tipo di calibro. 
Una tiranna illuminata che, straniera, si ritrovo' alla testa di un paese sterminato e lo condusse a forza di sangue e di filosofia illuminista, in un mélange assai strano ma evidentemente funzionante, e che al contempo ammaliava a tal punto chi le transitava intorno che si dice che Tsarkoy T'selo, la residenza estiva, fu dipinta di quel blu perforante perché l'architetto non riusciva a distogliere l'attenzione dagli occhi della Tsarina.
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Questa lunga introduzione per dire che mi viene spontaneo essere abbastanza critica nei confronti di film e affini modellati sulla persona di Ekaterina, e che Sternberg mi ha conquistato con un centro perfetto. Ha saputo rappresentare con fantasia e sentimento questa estrema duplicità del personaggio, idealista e estremamente pratica. La vediamo in una fase precocissima del suo percorso, prima bambina (interpretata dalla figlia della Dietrich), poi adolescente romantica, infine donna risvegliata ai sensi e alle lusinghe del potere, senza inutili scrupoli. 

Attrice migliore non si poteva trovare, tedesca nei lineamenti e nell'espressionismo della recitazione come era tedesca la vera Sofia. Alcuni passaggi sembrano ancora collegati alla tradizione del muto, tanto la mimica facciale è sfruttata: d'altronde sorprende leggere la data di uscita visto che il film nel suo insieme pare assai più moderno, ma i fasti del muto nel Trentaquattro non erano certo lontani.
Anche la messa in scena e l'uso soverchiante della musica rivelano un'ascendenza artistica espressionista quasi esasperata: da un lato una colonna sonora onnipresente, wagneriana, e dall'altro una sequenza di statue e decori barocchi di fortissimo sapore Memento Mori che affollano il Palazzo d'Inverno. Illuminate dalla tremula fiamma di centinaia di candele, rappresentazioni sacre degne di un rococo' massimalista con penchant macabro sovrastano ogni personaggio in scena, dagli schienali delle sedie alle porte (per aprire le quali occorrono stuoli di dame deputate). Fastoso, senza timori.

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